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Essenzialità e astrazione dall’arte cicladica a Brâncuși

Essenzialità e astrazione dall’arte cicladica a Brâncuși

È dal confronto con alcune creazioni dell’arte del Novecento che si può realmente apprezzare la conquista formale delle sculture cicladiche e comprendere come esse abbiano dato vita a un paradigma eterno di bellezza astratta e universale.

A partire dal 3000 a.C., a Delo e in altre isole cicladiche fiorisce una grande produzione di piccole sculture che sono tra le più belle ed enigmatiche manifestazioni artistiche del mondo antico. Destinate sia per funzioni cultuali e funerarie sia per allietare il mondo dei vivi, queste statuette, forse interpretabili come “idoli”, si caratterizzano per l’essenzialità delle loro forme. Raffigurano vari soggetti utilizzando immagini molto stilizzate e quasi astratte, come semplici volumi ovali per rappresentare delle teste, o giungendo a inventare particolari forme figurative dette “a sagoma di violino”. Si possono individuare due tipologie essenziali di questi idoli: quelle aniconiche, cioè antinaturalistiche, declinate in forme estremamente schematizzate e in volumi geometrici (come per l’appunto questa Testa di idolo proveniente da Amorges); e quelle iconiche, dall’aspetto naturalistico-figurativo (come il Suonatore di lira da Keros). Queste tipologie corrispondono a due diverse funzioni: le prime rispondono a una pura simbologia devozionale, le seconde intendono forse riprodurre divinità antropomorfe.

Testa di idolo da Amorges, 2700-2300 a.C. Marmo.
Parigi, Musée du Louvre.

Suonatore di lira da Keros, 2400 a.C. Marmo pario. Atene, Museo Archeologico Nazionale.

L’artista rumeno Constantin Brâncuși (1876-1957) sembra essersi ispirato proprio ai piccoli idoli pre-ellenici per l’invenzione di gran parte della sua produzione scultorea, che si caratterizza per le forme essenziali e sintetiche che tendono all’astrazione. L’analogia formale tra la Testa femminile da Amorges e la Musa dormiente di Brâncuși, situate ai due limiti della storia dell’arte, è esemplare.

La piccola scultura cicladica rappresenta un perfetto esempio di essenzialità e di minimalismo comunicativo; la forma è resa da soli tre elementi astraenti: l’ovale geometrizzato del volto, il naso triangolare e il cilindro appena evidenziato del collo, sufficienti a evocare la metafisica presenza di un idolo. Non è possibile sapere quale effetto questa piccola scultura potesse provocare nelle persone del tempo (teniamo conto, inoltre, che tali sculturine erano quasi sicuramente colorate), ma è verosimile che essa fosse associata a qualche ritualità religiosa o magica; qualsiasi sia stata la ragione di quest’opera, oggi colpisce soprattutto per il suo aspetto estetico formale.

Testa di figurina femminile, 3200-2000 a.C. Marmo.
Atene, Museo Archeologico Nazionale.

Anche se la testa di Brancusi, il cui riferimento nel titolo alla Musa concorre ad evocare il mondo antico, la differenza di significato tra le due opere è sostanziale: se l’idolo cicladico risponde a un mondo rituale, l’opera dello scultore rumeno si caratterizza invece per una  ricercata essenzialità puristica e per una forma del tutto autoreferenziale: caratteristiche della corrente più razionalistica dell’arte moderna, la quale non possiede più alcun riferimento al sacro e al divino.

Constantin Brancusi, Musa dormiente, 1950 circa.
Calco originale. Parigi, Centre Pompidou.

Il professor Ernesto L. Francalanci è l’autore del corso dell’Arte

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