Artemisia e le altre
Friedl Dicker-Brandeis e Charlotte Salomon: artiste vittime della Shoah

Friedl Dicker-Brandeis e Charlotte Salomon: artiste vittime della Shoah

Se le vite, le personalità e i percorsi artistici di Friedl Dicker-Brandeis e di Charlotte Salomon sono molto diversi tra loro, il destino delle due artiste si compì, invece, nello stesso tragico luogo, nello stesso terribile tempo: il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, durante la Seconda guerra mondiale. Entrambe, infatti, in quanto ebree, subirono le persecuzioni razziali dettate dalle “leggi di Norimberga”, imposte da Adolf Hitler a partire dal 1935 prima nei lander tedeschi del III Reich (Charlotte era originaria di Berlino), per poi estenderle a tutti i territori annessi e conquistati (Friedl era nata a Vienna, aveva studiato in Germania e si era trasferita, infine, a Praga). Entrambe, di fronte all’orrore e alla follia naziste, riuscirono a trovare la forza di resistere attraverso l’arte e la bellezza.

Dicker-Brandeis: arteterapia nel ghetto di Terezín

Friedl Dicker-Brandeis (Vienna, 1898 – Auschwitz, 1944) è considerata oggi una delle pioniere dell’arteterapia. Incoraggiata dal padre, fin da quand’era bambina, a seguire la sua passione per le belle arti, ebbe l’occasione di studiare con i più grandi maestri dell’epoca: Gropius (presso la scuola del Bauhaus di Weimar), Kandinskji, Klee e si misurò con successo in diversi settori, spaziando dalla pittura alla grafica, dal design alla manifattura tessile. Fu, tuttavia, nel campo dell’insegnamento che Friedl riuscì a dare il meglio di sé, unendo quell’impegno civile che le era sempre stato a cuore con una grande competenza artistica, arricchita dallo studio di innovative strategie didattiche e pedagogiche.

Friedl Dicker-Brandeis (Vienna, 1898 – Auschwitz, 1944).

Nel 1942 fu deportata a Terezín, il “ghetto modello” voluto dalla propaganda nazista, a 60 chilometri da Praga; lì organizzò dei laboratori creativi per i bambini e i ragazzi internati (che andavano dai sei ai quattordici anni), con lo scopo di riequilibrare, attraverso l’arte, il mondo interiore dei suoi giovani allievi, segnati dalla paura e dall’incertezza in cui vivevano quotidianamente.

Per far sì che i loro disegni non andassero perduti e che la loro memoria non fosse cancellata, Friedl catalogò ogni lavoro, annotando il nome e l’età degli autori e delle autrici; conservò con cura quelle opere, quindi le nascose in due valigie che furono ritrovate alla fine della Seconda guerra mondiale. Si salvarono quasi 5000 disegni e dipinti, la maggior parte dei quali è conservata al Museo Ebraico di Praga.

Trasferita a Birkenau nel 1944, morì in una camera a gas il 9 ottobre dello stesso anno.

Salomon: “Vita? o teatro?”: una moderna graphic novel

La vita di Charlotte Salomon (Berlino, 1917 – Auschwitz, 1943) fu segnata da una tragedia quando era ancora bambina: sua madre, infatti, si tolse la vita gettandosi da una finestra; fu il nonno a rivelarle il fatto soltanto diversi anni più tardi, svelando quello che era stato il destino di altre donne della loro famiglia. Anche Charlotte soffrì di crisi depressive, che riuscì, però, a superare grazie al suo profondo amore per l’arte. Mentre frequentava con successo l’accademia di Belle Arti di Berlino, fu costretta ad abbandonare gli studi a causa del clima antisemita che si stava diffondendo in Germania; tra il 1936 e il 1939, più di una volta Charlotte Salomon e i suoi familiari furono internati in campi di concentramento tedeschi e francesi, riuscendo, tuttavia, a fare sempre ritorno a casa.

Charlotte Salomon, Autoritratto,1940 (dettaglio). Pittura a guazzo
54×39 cm. Joods Historisch Museum, Amsterdam (immagine di pubblico dominio).

Allo scoppio della guerra, la giovane si rifugiò a Nizza, nel Sud della Francia: lì si dedicò a un ambizioso progetto artistico, intitolato “Vita? o teatro?”, che la portò a dipingere in pochi mesi oltre 1300 fogli, nei quali raccontò i momenti salienti della sua drammatica esistenza, dall’infanzia fino alle persecuzioni naziste. Alle immagini, realizzate con la tecnica del guazzo attraverso un uso espressionistico delle forme e dei colori, aggiunse annotazioni testuali e persino un accompagnamento musicale, dando vita così a una forma narrativa originalissima, una sorta di moderna graphic novel, a metà strada tra fumetto, teatro e pittura. Attraverso l’arte, dunque, Charlotte provò a esorcizzare gli orrori – storici e personali – che da sempre la circondavano.

Nel 1943, insieme al marito Alexander Nagler – anche egli un rifugiato tedesco – fu arrestata e deportata ad Auschwitz: incinta di pochi mesi, fu uccisa a soli 26 anni, probabilmente il giorno stesso del suo arrivo nel lager.

L’opera completa “Vita? o teatro?” è conservata presso lo Joods Historisch Museum di Amsterdam.

SPUNTI DIDATTICI

L’ARTE COME TERAPIA

Far riflettere sull’importanza di poter usare l’arte come terapia, invitando la classe ad approfondire la propria conoscenza su queste modalità che permettono la costruzione di una relazione d’aiuto mediata dall’attività creativa.

DISEGNARE UN FUMETTO

Suddividere la classe in 4 gruppi e, prendendo spunto da un episodio della vita o dell’opera di Charlotte Salomon, far realizzare a ogni gruppo sia la tavola di un fumetto, sia la sceneggiatura e la realizzazione della grafica (immagini, nuvolette, didascalie e onomatopee).

Immagine in apertura: Charlotte Salomon, Kristallnacht (dalla serie Leben? oder Theater?, “Vita o teatro?”), 1939-1941 ca. Pittura a guazzo, 25×35 cm. Joods Historisch Museum, Amsterdam (immagine di pubblico dominio).

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