La Primavera di Sandro Botticelli è uno dei capolavori del Rinascimento fiorentino. L’opera stupisce non solo per la qualità tecnica e per i significati che la sottendono, ma anche perché può essere considerata un vero e proprio erbario in formato pittorico, dal momento che l’artista vi ha raffigurato circa cinquecento specie vegetali.
Firenze, 1480 circa. Sandro Botticelli, uno dei più affermati pittori del Rinascimento italiano, riceve la commissione per un dipinto destinato a diventare uno dei capolavori più celebrati del mondo. Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici (cugino del Magnifico) gli chiede di dipingere un soggetto allegorico che abbia come tema la primavera, la cui chiave di lettura è da ricercarsi nella filosofia neoplatonica tanto cara all’artista e diffusa alla corte fiorentina.
Per la realizzazione dell’opera Botticelli attinge a diverse fonti letterarie: le Metamorfosi di Ovidio, L’asino d’oro di Apuleio, le Stanze di Poliziano e il De Rerum Natura di Lucrezio. La scena raffigurata da Sandro Botticelli si svolge nella penombra di un boschetto di aranci. Otto figure mitologiche si dispongono nello spazio, poggiando i piedi su un prato trapunto di fiori. Cupido, tra le fronde degli alberi, scocca la sua freccia d’amore. Da destra verso sinistra, scorgiamo la personificazione di Zefiro, vento di nord-ovest, che si innamora della ninfa Clori e cerca di rapirla. Dalla loro unione ella rinasce come Flora, la dea della primavera e dei fiori. Al centro, davanti a un albero di alloro, è raffigurata Venere. Verso sinistra, le tre Grazie danzano in cerchio e Mercurio, raffigurato con i calzari alati, scaccia le nuvole con il caduceo.
Raffinato interprete del gusto del suo tempo, Sandro Botticelli nella Primavera ricerca e ottiene un effetto di eleganza e di armonia evidente nella linea sinuosa del disegno che racchiude ogni singolo elemento. Gli effetti di volumetria, resi anche attraverso la diversa consistenza delle vesti, permettono alle figure di staccarsi leggermente dal fondo e di suggerire una, seppur minima, profondità spaziale. Tuttavia, l’assenza di una vera e propria costruzione prospettica fa somigliare il fondo più ad una quinta di teatro che ad uno spazio vero e proprio.
Un catalogo di specie vegetali
Il capolavoro di Botticelli colpisce anche per la straordinaria varietà di fiori e piante raffigurata, tanto da fare dell’opera un catalogo di specie vegetali. Con ogni probabilità, l’artista deve aver tratto ispirazione dalla flora presente nei dintorni di Firenze e dagli accurati erbari che circolavano in quel periodo sotto forma di manoscritti illustrati.
Tra gli studiosi che si sono occupati di individuare le specie vegetali presenti nel dipinto, citiamo Guido Mocci (direttore dell’Orto Botanico di Firenze) che, in un suo contributo del 1984, sostiene che Botticelli abbia dipinto circa cinquecento specie diverse.
Operando una distinzione tra tipologie fiorite e non fiorite, lo studioso indica una massiccia presenza di margherite, rose e viole, soprattutto disseminate nel prato. Sempre ai piedi delle figure, nella porzione centrale dell’opera, scorgiamo altre varietà di fiori: l’elleboro, la viperina azzurra, la camomilla, la tossilaggine, il fior di fragola, il muscari, il giacinto rosa, il papavero, il fiordaliso, il ranuncolo, il gelsomino, il nontiscordardimé, la nigella, il croco e l’euforbia. In una posizione più marginale, l’artista ha dipinto una pianta di iris, nota anche con il nome di giglio di Firenze.
Dalla bocca di Clori fuoriescono pervinche, un fior di fragola e fiordalisi. Flora, che ha in grembo delle rose, indossa un abito riccamente adorno di garofani, fiordalisi, rose e violaciocche gialle.
Altre tipologie di piante sono collocate alle spalle del gruppo: una pianta di allor, una di mirto e un boschetto di aranci carichi di frutti e di zagare fiorite.
Volendoci addentrare nell’interpretazione in chiave simbolica delle specie vegetali che Sandro Botticelli ha rappresentato e facendo riferimento agli studi di Mirella Levi d’Ancona, potremmo innanzitutto sostenere che si tratta, per la maggior parte, di specie che fioriscono durante la stagione primaverile. Secondo la studiosa, la Primavera fu commissionata dapprima da Giuliano de’ Medici per celebrare l’imminente nascita del figlio Giulio, venuto alla luce proprio nel mese di maggio. Dopo la morte di Giuliano, caduto durante la congiura dei Pazzi, l’opera fu completata per Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, unitosi in matrimonio con Seramide Appiani nel 1482. A confermare le ipotesi della Levi d’Ancona è la presenza del ranuncolo, una pianta che, essendo tossica, simboleggia la morte e, dunque, rimanderebbe, ancora una volta, alla tragica fine di Giuliano.
La rosa, la viola, la margherita, il fiordaliso, il muscari, la pervinca, l’arancio, il crisantemo, il garofano, il gelsomino, il crocus, la nigella e il mirto sono infatti simbolo d’amore e di unione coniugale, così come la pervinca, il cui nome latino deriva dal verbo vincire (“legare”). La fragola, essendo un frutto succoso e gustoso, simboleggia il piacere, mentre il papavero era anticamente legato alla fertilità.
Per approfondire…
Link esterni
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