Simboli epocali: lo spirito del tempo nella storia delle arti

Simboli epocali: lo spirito del tempo nella storia delle arti

È possibile condensare in un’unica immagine la complessità culturale di una particolare stagione dell’arte? Questa è solo una delle stimolanti sfide che mi sono trovato ad affrontare nel corso della stesura del manuale di Storia dell’arte per i licei dell’Arte, edito da De Agostini (2021).

Per ogni specifica epoca storica, corrispondente a una Sezione, sono stato invitato dall’Editore a trovare un’immagine capace di esprimere quello che ne è il carattere basilare, il genius saeculi, o, come nel Settecento l’aveva  chiamato il filosofo Herder, lo Zeitgeist, lo “spirito del tempo”: non solo dunque un’opera d’arte significativa, ma un simbolo pluriculturale, una sorta di manifesto concettuale, poetico e nello stesso tempo storico-critico. Ecco quindi la selezione che ne è scaturita, pensata non solo come esito concettuale di incroci culturali e di memorie iconografiche, ma anche come strumento pedagogico e infine ludico.

Le prime testimonianze

Il primo manifesto che ho scelto riguarda l’iniziale percorso terreno, preistorico, dell’essere umano, e apre il primo volume del corso. È costituito da una doppia immagine, che connette insieme due simboli: le prime commoventi orme risalenti a quasi quattro milioni di anni or sono, lasciate da un adulto e un bambino su un terreno argilloso in Tanzania, con quelle posate dall’uomo sulla Luna, il primo passo dell’umanità sulla Terra e quello posato al di fuori di essa, dove lasciare ancora traccia di sé.

Per le prime civiltà mesopotamiche ed egizia, in cui vengono stabilite iniziali forme di governo, il manifesto non può che essere il famoso Stendardo sumero di Ur, simbolo “politico” che illustra la prima consapevolezza dell’importanza del vivere nelle città e la differenza tra buono e cattivo governo. Dovremo aspettare il Tardo Medioevo del Trecento per ritrovare un’immagine allegorica simile, realizzata dall’artista toscano Ambrogio Lorenzetti sulle grandi pareti del Palazzo Pubblico di Siena (1338-1339), anch’essa potente lezione di come si dovrebbero reggere le sorti di un Paese.

L’arte greca e romana

L’intera arte greca è stata scelta l’immagine della Sfinge per il fatto che essa, nel pieno dell’epoca della cultura classica, documenta per la prima volta la impotenza della ragione umana nel risolvere tutti i problemi della vita, della verità e della realtà. La Sfinge pone problemi: insegna all’uomo non solo di dover trovare le soluzioni, ma di porsi a sua volta interrogativi. Sarà infatti il primo grande filosofo classico, Socrate, a fare della interrogazione, cui lo stesso allievo deve rispondere da sé, il metodo su cui si fonda la cultura scientifica e razionale dell’Occidente.

Per quanto riguarda l’arte romana nulla meglio di una moneta imperiale può farci comprendere lo spirito del tempo, fatto di conquiste, di trionfi e di internazionalità. Con il trionfo di Augusto, cui la moneta è dedicata, l’enorme potere dell’Impero raggiunge il suo apice. La moneta augustea ricorda non solo l’importante significato simbolico del passaggio del duce sotto l’arco di trionfo, che lo consacra imperatore, ma soprattutto la travolgente potenza colonialistica di Roma, che oltrepassa i confini dell’Italia nella violenta globalizzazione politico-militare della Terra, la seconda dopo Alessandro Magno.

L’epoca medievale

Per illustrare il difficile passaggio avvenuto nell’Alto Medioevo dalla cultura romana a quella cristiano-medievale si è pensato di utilizzare la copertina eburnea di un libro sacramentario in cui sono rappresentate due scene, papa Gregorio Magno intento a scrivere e, al di sotto, dei monaci occupati a studiare e a trascrivere. L’immagine onora sia la figura del santo sia quella dello studioso e pone l’accento sulla grande volontà di conoscenza dell’epoca. Si tratta di una immagine che ci permette di rovesciare definitivamente il concetto di un Medioevo oscuro e ignorante.

Per il Basso Medioevo la rosa mistica della vetrata di Chartres illumina non solo l’interno di una delle cattedrali più belle importanti dell’Occidente, ma anche lo spazio spirituale dell’umanità offerto dalla religione. La più grande conquista della religione è tuttavia, oltre l’elemento spirituale, quello di aver realizzato delle arti fortemente simboliche, i cui motivi strutturali, figurativi e decorativi prendono il sopravvento su quelli della cultura funzionale e di scopo.

Quattrocento e Cinquecento

Per il Quattrocento il manifesto è un solido poliedrico di cristallo, dettaglio di un dipinto di Jacometto Veneziano, che riflette l’immagine del palazzo di Urbino, centro animato dall’intreccio culturale tra umanisti, artisti, architetti, studiosi e matematici. La cultura si concentra nei grandi spazi urbani, ma anche in quelli minori. In questo caso un palazzo, appositamente costruito a tal fine, raccoglie gli artisti e gli intellettuali più importanti: quelli che chiameremmo le avanguardie.

Il manifesto del Cinquecento è la pianta palladiana della Villa detta La Rotonda, che risolve finalmente il difficile rapporto tra l’architettura e lo spazio della natura circostante. Un filo continuo collega la memoria della classicità al cuore del Cinquecento per lanciarla nei secoli seguenti. L’architettura palladiana diventa emblematica della conquista tardo rinascimentale di una nuova e già moderna matematica costruttiva.

Dal Seicento all’Ottocento

Per il Seicento barocco, la borrominiana chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, con il suo spazio sconvolto, documenta la cosiddetta “perdita del centro”: è l’abbandono sia della centralità prospettica dell’architettura, sia della certezza delle verità imposte dalla religione. Nasce la scienza moderna ed essa ha più punti di riferimento e soprattutto numerosi elementi di riflessione e di dubbio.

Nel Settecento l’immagine dell’artista che piange sulle rovine dell’antichità, in un noto disegno di Füssli, rievoca nostalgicamente la classicità perduta, ma non solo come cultura estetica quanto morale ed etica. Singolare che a manifestare questa nostalgia sia un artista non italiano: a unificare, infatti, il pensiero europeo sono alcuni presupposti, maturatisi già dalla fine del Seicento. Uno di questi è il cambiamento irreversibile dell’oggetto della speculazione filosofica, che si proietta quasi ormai unicamente ad analizzare la vita dell’uomo e dell’umanità sotto un’angolatura essenzialmente laica e tendenzialmente libertaria e sociale.

Per l’Ottocento una mongolfiera, che s’innalza nel primo volo, immortalata dal fotografo Nadar, ci porta a sollevare il tema del confronto dell’arte con la tecnica industriale.
È il secolo dell’esplosione della tecnica e della definitiva industrializzazione dell’Occidente e, nello stesso tempo, dell’enorme accelerazione dell’arte verso la sua definitiva autonomia. Nadar, approfittando della moda delle ascensioni con il pallone aerostatico, comincia a fare delle foto di rilevamento per offrire un contributo alla rappresentazione cartografica del territorio. Vista dall’alto la Terra manifesta una inaspettata visione, più geometrica che caotica.

L’arte del Novecento

Per segnalare il rivoluzionario passaggio che sconvolgerà l’arte della prima metà del Novecento, abbiamo scelto un ritratto picassiano, uno studio per il suo capolavoro, Les Demoiselles d’Avignon, un’opera che codifica un’altra idea di arte e di bellezza. Potremmo dire che Les Demoiselles rappresenti l’archetipo di una nuova rappresentazione della realtà, a suo modo un’opera classica, nel senso che diventerà un modello di base per infinite invenzioni antiprospettiche.

Nella seconda metà del Novecento l’arte esplode in infinite direzioni. Ma c’è una cosa che unifica tutte le varianti: il loro valore di mercato. Esso diventa così determinante da ripercuotersi sulla stessa produzione dell’arte. Per questo motivo proponiamo il ritratto del gallerista Sidney Janis, uno dei più importanti del mondo, in posa accanto a una celebre opera della sua collezione, a testimoniare l’importanza non solo culturale, ma anche economica acquisita ormai dall’arte.

Il professor Ernesto L. Francalanci è l’autore del corso dell’Arte.

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